C’era una volta a Hollywood – Recensione

La nuova opera di quentin tarantino

C'era una volta ad Hollywood - Recensione

Passano gli anni, ma lo stile di Tarantino resta inconfondibile: pregio o difetto? Recensione in Quentin – style della sua ultima fatica.

CAPITOLO 1: QUENTIN, IDENTIKIT DI UNA ROCKSTAR

Nove film in ventisette anni di carriera non sono tantissimi, ma ogni film di Quentin Tarantino è un progetto cinematografico complesso e curato in ogni singola parte dal regista stesso. Dalla scrittura di una sceneggiatura, alla scelta di una determinata canzone, fino al cast, ogni passaggio richiede cura, tempo e attenzione. A questi ingredienti, Tarantino aggiunge la sua voglia di attingere dalla sua conoscenza maniacale della storia del Cinema e dalla sua (forse) inconscia volontà di non lasciare mai indifferente il pubblico. I mass media si occupano di Quentin Tarantino non come avviene per buona parte dei registi. Il loro approccio è più simile all’epicità con cui ci vengono raccontate le rockstar.  I suoi film, addirittura, vengono conteggiati, proprio come avviene per gli album delle bands.

Era dai tempi di Alfred Hitchcock che non si vedeva ad Hollywood un regista così carismatico e fortemente comunicativo da attirare l’attenzione su di sé che sugli attori della pellicola. Tarantino è un fan del cinema che si cimenta come regista. Dirige i migliori attori in circolazione, ma allo stesso tempo non disdegna di comparire nei propri film o recitare in quelli di colleghi – amici (Ovviamente Robert Rodriguez, su tutti). Tarantino non ha studiato il cinema, lo ha guardato. E lo ha fatto attraverso le VHS, la TV, le sale cinematografiche di provincia che offrivano titoli di qualsiasi genere, budget e provenienza. Appassionato di serie tv (prima che fosse mainstream),B movies, commedie sexy all’italiana, ha però anche guidato le Giurie di Cannes (2004) e Venezia (2014): tra i suoi meriti, sicuramente va menzionata la sua capacità di mettere d’accordo cinema d’autore e cinema d’intrattenimento, in una commistione unica che richiama al cinema diverse tipologie di spettatori. (NB: sia chiaro che non è un elogio al non studio o alla sua dubbia utilità; è un elogio al giovane Quentin che ha trasformato il suo hobby principale in un lavoro, per di più ricco di soddisfazioni e premi).

Tra il debutto de Le Iene e C’era una volta… ad Hollywood non sono passati solo ventisette anni, ma anche due Oscar, una Palma d’Oro a Cannes e soprattutto, con il passare degli anni, un hype spropositato verso i suoi film, diventati veri e propri eventi pop. Distinguere l’opera dal suo autore è in generale molto difficile, ma quando si tratta di Tarantino è praticamente impossibile. I suoi patchwork di dramma, comicità e sangue, sono unici e difficilmente ripetibili con successo da altri filmakers. Sapere (o ricordarsi) dunque, con chi si ha a che fare, è importante per approcciarsi a questo nuovo film.

CAPITOLO 2: IL FILM

Il film è ambientato nel 1969, l’anno della Summer of Love, della musica psichedelica, delle comunità hippy, del femminismo, di Steve McQueen e del successo di un giovane regista polacco Roman Polanski, fresco sposo dell’astro nascente del cinema Sharon Tate. Un’epoca viva, esplosiva, di sperimentazione, che purtroppo vede anche l’ascesa di Charles Manson, personaggio carismatico quanto controverso (eufemismo) e mentalmente instabile.

Il film ci mostra la vita di Sharon (interpretata dalla sempre brava Margot Robbie), parallelamente alle vicende di Rick Dalton (Leonardo Di Caprio, la solita certezza) e Cliff Booth (Brad Pitt). Rick è un attore diventato famoso per una serie tv western a fine anni Cinquanta nella quale Cliff interpretava la sua controfigura. Tra i due è rimasta una forte amicizia ma il mondo dello show business ha voltato loro le spalle: Rick accetta parti da antagonista in improbabili episodi pilota di serie tv mai trasmesse e Cliff è più che altro impegnato a fare da tuttofare per l’amico, dall’autista (Rick ha avuto un problema con l’alcool) al riparatore di antenne. La carriera di Rick potrebbe risollevarsi, se solo accettasse di partire per l’Italia e girare uno spaghetti – western con il regista Sergio Corbucci.

(Attenzione da qui in poi ci sono piccoli spoiler)

Come In Bastardi senza Gloria e in Django Unchained, Tarantino parte da un contesto storico tristemente esistito, chiedendo aiuto al Cinema, unico mezzo che non ci permette di cambiare la Realtà ma di ribaltarla. Se Hitler può essere sconfitto, se uno schiavo può ribellarsi, anche la strage nella villa di Polanski può essere evitata e forse l’unico difetto del film sta in questa mancanza di sorpresa. Come detto all’inizio, Tarantino ha uno stile unico e riconoscibile che ci fa applaudire ma non fa gridare al miracolo, come può essere accaduto con le sue prime opere.  Intendiamoci, però: stiamo parlando di uno dei film più belli del 2019, supportato da un cast eccezionale (oltre agli attori già citati, ci sono Al Pacino, Kurt Russell e Luke Perry alla sua ultima apparizione), una colonna sonora da urlo, personaggi ben caratterizzati (imperdibile lo scontro tra Cliff e Bruce Lee) e una cura per ambientazioni, scenografia e fotografia che fanno traspirare l’amore di Quentin Tarantino per quel periodo storico che lo farà innamorare della Nona Arte.

Il consiglio, dunque, è di correre al cinema per C’era una volta…a Hollywood per immergersi  nella Hollywood del ’69 e ritrovare tutte quegli aspetti che hanno reso Tarantino “il regista più influente della sua generazione” (citazione di Peter Bogdanovich).

CAPITOLO 3: PRESENTE E FUTURO

Due note a margine:

1) Consiglio di non disdegnare a priori la versione originale sottotitolata. La grandezza dei nostri doppiatori è seconda solo alla grandezza degli interpreti stessi del film.

2) In teoria manca un solo film per concludere la carriera di Tarantino come regista di  lungometraggi. Parlare adesso di cosa ci aspetterà non ha molto senso, ma in fondo è lecito sperare in una chiusura del decalogo tarantiniano con un film di fantascienza. Sarebbe la degna conclusione di un viaggio che gli ha visto affrontare e mescolare con cura ogni genere cinematografico. Sarebbe davvero un finale…da film!


Informazioni su Mauro Orsi 157 Articoli

Lettore compulsivo, appassionato di cinema e musica. Ama le storie: raccontate, vissute, disegnate, cantate, scritte o sognate. Insomma di tutto, un po'(p).

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