Death of a Unicorn – Recensione

Morte di un unicorno e non solo...

Death of a Unicorn - Recensione

A24 produce una commedia horror con Jenny Ortega e Paul Rudd. Ne esce un mix poco convincente di satira, scene splatter e buoni sentimenti in cui trionfa la banalità.

Death of a Unicorn – La nostra recensione

Death of a Unicorn è prodotto da A24, la casa di produzione statunitense più cool dell’ultimo decennio. Sono molti i film indipendenti usciti e distribuiti sotto l’egida dell’autostrada Roma – Teramo (quando la realtà supera Boris): Everything, Everywhere All at Once e Moonlight hanno trionfato agli Oscar, ma è grazie a titoli cult come Spring Breakers, Lady Bird, The Florida Project e ai film horror di Ari Aster che A24 è diventato sinonimo di qualità, creando un numero di adepti pronti a vedere sulla fiducia ogni prodotto della casa di produzione.

Death of a Unicorn, prodotto (anche) da Ari Aster, annovera nel suo cast  due icone pop come Jenna Ortega e Paul Rudd; Ortega è diventata riconoscibile anche dalla fantomatica casalinga di Voghera grazie a Mercoledì di Tim Burton, anche se le interpretazioni in X – A Sexy Horror Story e nel retcon di Scream l’avevano già resa popolare tra i cultori. 

Paul Rudd, come la sua giovane collega, ha partecipato a molte commedie cult (vi consigliamo Facciamola Finita o Altruisti si diventa), per poi vestire i panni di Ant Man nel Marvel Cinematic Universe e partecipare agli ultimi (opinabili) episodi di Ghostbusters.

Alla regia c’è il debuttante Alex Scharfman, che è anche autore della sceneggiatura

Rudd e Ortega interpretano Elliot e Ridley, un padre e una figlia in viaggio verso la dimora del magnate Odell Leopold (Richard E. Elliot), miliardario in film di vita pronto a lasciare parte dell’azienda ad Elliot, fido avvocato della società. Elliot ambisce a fare carriera per assicurare un futuro sereno alla figlia Ridley, con la quale il rapporto si è molto raffreddato dopo la morte della madre

Durante il viaggio verso la villa dei Leopold, Elliot ha un incidente molto particolare: investe un unicorno con la sua automobile! Spinto da Ridley, caricano sul loro fuoristrada  il presunto cadavere dell’animale magico.

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Arrivati da Odell, in compagnia della moglie Belinda (Tea Leoni) e del rampollo Shepard (un divertente Will Poulter), Elliot e Ridley, seppur scossi dall’accaduto, riescono a mantenere il segreto fino al risveglio dell’unicorno. E – senza fare spoiler su come ciò accade – i cinque scoprono le capacità curative del corno del cucciolo.

Da imprenditore affermato, Leopold intravede già i grossi guadagni che attendono la sua casa farmaceutica mettendo in commercio la polvere del corno magico. Ma non ha fatto i conti con i due unicorni adulti che vogliono salvare il loro piccolo…

Nonostante le premesse, Death of a Unicorn  può essere considerato una grossa occasione mancata.

Cosa non ha funzionato? 

Prima di tutto, lo schizofrenico cambio registro del film: c’è la family comedy, c’è la  satira sociale e politica rappresentata dalla famiglia Leopold,c’è la parte più splatter legata all’arrivo degli unicorni. Usando una metafora culinaria, gli ingredienti sono pregiati, ma non sono bilanciati. Che mezzo pasticcio!

La trama è troppo lineare e prevedibile: tutto ciò che ci si aspetta dal film, succede. Il taglio quasi favolistico con il quale emergono i veri valori dell’amore verso la famiglia a scapito della ricchezza più materiale è didascalico. La scrittura dei personaggi è interessante per quanto riguarda la famiglia Leopold, che risulta grottesca e caricaturale, una (probabile) critica al nuovo establishment americano. I personaggi di Ridley – il personaggio positivo – e del padre Elliot – l’uomo in crisi – sono monodimensionali.

Cosa funziona invece nel film? La CGI, sicuramente. L’estetica degli unicorni è convincente e appaiono per un certo minutaggio. Un altro punto di forza sono le scene d’azione che coinvolgono gli unicorni: ci si diverte. 

Mi ha ricordato i tempi di Jurassic Park di Steven Spielberg, in particolare la sequenza in cucina, quando i protagonisti devono nascondersi dai velociraptor. Purtroppo l’epicità non è la stessa.

La delusione può essere  dunque una questione di target sbagliato o aspettative tradite? Me lo sono chiesto e direi proprio di no. Prima di tutto, nella esasperante fusione dei generi, si fatica a capire a chi sia indirizzato il film. Troppo semplice per gli appassionati, troppo sanguinolento per i più giovani. Trattandosi, comunque, di un prodotto commerciale, è importante stare lontani dalle logiche dell’algoritmo quanto è fondamentale avere un pubblico a cui destinarlo. Un’opera dovrebbe intrattenere, far riflettere, spaventare, divertire, insomma avere uno scopo. Il film, costato 15 milioni di dollari, rientrerà nel budget (nel momento in cui scriviamo è a 11 milioni,nda),  ma resta una magra consolazione.

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Informazioni su Mauro Orsi 175 Articoli

Lettore compulsivo, appassionato di cinema e musica. Ama le storie: raccontate, vissute, disegnate, cantate, scritte o sognate. Insomma di tutto, un po'(p).

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