Robert Eggers confeziona un film notevole, dal forte impatto visivo, con un convincente cast dove ogni cosa, parafrasando i Radiohead, è al posto giusto. Eppure…
Nosferatu – La nostra recensione
Volevo iniziare con un gioco di parole un po’ boomer tra i botti di Capodanno e le uscite scoppiettanti previste per il primo giorno dell’anno nelle sale cinematografiche. Chiedo scuso e prometto che non succederà più.
Intorno a Nosferatu di Robert Eggers si è creato un certo hype. Il regista è arrivato al suo quarto lungometraggio dopo The Witch (2015,considerato il suo capolavoro, prodotto da A24), Lighthouse (2019) e The North Man (2022), la sua divisiva ma interessante versione di Amleto.
Eggers – sceneggiatore di tutti i suoi film – conferma i suoi collaboratori storici, Louise Ford al montaggio e soprattutto Jarin Blaschke come direttore della fotografia; davvero interessanti alcune sue scelte, in particolare la luce naturale in alcune scene che coinvolgono il Conte Orlok.
Da amante del genere horror, e potenziale paladino di quella piccola nicchia che fa riferimento al cosiddetto elevated horror, Eggers si regala un’opportunità enorme per i suoi primi quarant’anni: riportare sul grande schermo Nosferatu. Senza tralasciare la versione di Werner Herzog, il riferimento principale del regista statunitense è la versione del 1922 di Friedrich Wilhelm Murnau, regista tedesco e massimo esponente dell’Espressionismo.
Per realizzare la sua versione, Eggers si affida ad un cast di primo livello: l’immancabile Willem Dafoe, che dopo una doppia razione di Yorgos Lanthimos, interpreta il Professor Von Franz, colui che coglie la presenza oscura di Nosferatu.
Sotto la “maschera” del Conte Orlok c’è Bill Skarsgard, reduce dal disastroso remake de Il Corvo. Posso già anticiparvi che stavolta è andata molto meglio. Nicholas Hoult interpreta Thomas Hutter, agente immobiliare con il compito di partire per i Carpazi per chiudere la compravendita con il misterioso Orlok. Durante la sua assenza, la moglie Ellen (Lily Rose Depp) è turbata nei suoi sogni dal vampiro stesso, che tenterà di arrivare a Wimborg, la cittadina dove vivono i due coniugi, per “conquistare” la giovane donna. L’arrivo del Conte coincide con una pesante ondata di peste. Il Dottor Von Franz proverà a risolvere la situazione.
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La mitologia di Nosferatu nasce da Dracula di Bram Stoker; Murnau non ebbe l’autorizzazione per realizzare la versione cinematografica del noto romanzo. Ne nacque così una versione cinematografica non autorizzata che diventò il lungometraggio del 1922, del quale, fortunatamente si salvarono alcune copie giunte fino ai giorni nostri. La vedova Stoker, Florence Balcombe, aveva ottenuto un ordine giudiziario che prevedeva la distruzione di tutte le pellicole esistenti.
Cento anni dopo, Robert Eggers porta sullo schermo una trasposizione ancor più vicina al romanzo di Stoker, rendendo comunque omaggio – soprattutto da un punto di vista estetico – al capolavoro espressionista.
Il film, da un punto di vista visivo è davvero notevole, così come le interpretazioni di tutto il cast; costumi, scenografie e fotografia risultano pressoché perfette e “si respira” l’atmosfera della Germania dell’800 in ogni piccola frazione del film.
Il ritmo narrativo di Nosferatu – riferito alla sensazione di scorrevolezza e dinamismo che il film trasmette grazie a una combinazione di elementi visivi, sonori e appunto narrativi – è accettabile, soprattutto per lo spettatore consapevole di ciò che ha scelto di vedere.
Tuttavia, a livello emotivo, il film lascia veramente poco. L’impressione è di trovarsi davanti a un progetto realizzato con grande dedizione, precisione e studio, ma dove viene meno quell’aspetto di imprevedibilità e improvvisazione che possono regalare momenti indelebili nel Cinema.
Mi sono chiesto: può essere una considerazione legate alle mie aspettative di spettatore? Non lo escludo. Sicuramente, gli concederò altre visioni. Sarebbe davvero inopportuno da parte mia pensare di aver colto ogni particolare in una singola visione. Se l’esito finale del progetto è pressoché impeccabile, merita quantomeno un attento rewatch (in lingua originale) per cogliere, ora che l’occhio è “preparato”, il grande lavoro di Eggers e il suo team.
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