Arriva finalmente nei nostri cinema il bel documentario di Frank Pavich su “Dune” di Alejandro Jodorowsky, la miglior pellicola di fantascienza MAI realizzata.
Una bocciatura? Un progetto troppo ambizioso? Una rivisitazione troppo complessa dell’opera di Frank Herbert? Un disastro (economico) evitato?
Tutto questo è molto di più.
Jodorowsky’s Dune – La nostra recensione
Pianeta Terra, anni 70, Alejandro Jodorowsky é un regista di culto.
Dopo anni di teatro sperimentale, passa al Grande Schermo, dirigendo ed interpretando titoli di grande impatto come Il Paese Incantato, El Topo e La Montagna Sacra. Jodo, come è affettuosamente chiamato nel documentario da amici, collaboratori ed estimatori, vuole però fare un passo ulteriore: produrre un film di fantascienza, un genere che lui stesso definisce “un’immensa opera d’arte”. Il suo prossimo film sarà Dune, ispirato al romanzo di Frank Herbert.
Lo storyboard del film è magistralmente illustrato da Jean Giraud, meglio conosciuto come Moebius. Il cast di attori coinvolti è così composto: Mick Jagger, Orson Welles, Salvador Dalì e la musa Amanda Lear, il gruppo prog Magma. A proposito, per la colonna sonora Jodo pensa bene di coinvolgere un gruppo rock che ha appena sfornato un disco complesso, ma di grande successo. Si tratta di un generale musicale difficilmente definibile, che rende l’ascolto un vero viaggio, un esperienza lisergica, adatto al suo cinema e sicuramente amato anche dai suoi fedeli spettatori.
La band è inglese. Il disco si intitola Dark Side of the Moon…
Durante la stesura dello storyboard vengono coinvolti altri artisti molto interessanti, come Chriss Foss e HR Ginger: il budget lo permette: si parla di 15 milioni, una grossa cifra per il 1975.
Tuttavia, i produttori non sono convinti del progetto e il film non si farà.
Perché allora fare un documentario su una pellicola mia girata?
Prima di tutto perché la vicenda viene raccontata in prima persona da Alejandro Jodorowsky e da buona parte del Dream Team coinvolto nel progetto. E capirete che per nessuno di loro si é trattato di tempo sprecato, bensì di un vera e propria difesa del proprio progetto, che non poteva essere riadattato da Hollywood per esigenze produttive.
L’esperienza condivisa da Jodo è una sincera riflessione sull’Arte, sulla sua accessibilità e sul suo valore, che non può essere imprigionata in meri ragionamenti economici. Il regista cileno ci parla di ambizione, di sogno e di esplorazione. Ogni progetto é un racconto di sé, non può accettare compromessi.
Guardando il documentario – probabilmente anche influenzati dal racconto di Jodorowsky – capiamo che il suo lavoro, anche se non arrivato in sala, non é stato vano. Il suo Dune non è stato un film, si è evoluto, trasformandosi in un’attitudine, uno stile che si è diffuso tra scrittori, registi di sci-fi e avventura, fino ad arrivare a tutti coloro che amano la fantascienza, l’ignoto, l’irreale e lo psichedelico. Chissà se troveremo questa visione nel Dune di Denis Villeneuve.
P.S.: I film di Jodorowsky sono disponibili sulla piattaforma MUBI. Si segnala l’Incal, opera a fumetti dello stesso artista con Moebius ai disegni.