
Wudz Edizioni presenta I mangiatori di loto, esordio letterario dell’artista e scrittrice scozzese Shola Von Reinhold, finalmente disponibile in Italia (con la traduzione di Cristina Casaburi) a partire da mercoledì 26 febbraio. Un romanzo travolgente sulla cancel culture, un esordio che è presto diventato un caso letterario in Inghilterra e che ha scatenato nei lettori il senso di un nuovo movimento culturale: attraverso una scrittura leggibile ma con grandi momenti di letterarietà e ricercatezza estetica, “I mangiatori di loto” ha conquistato pubblico e critica, con recensioni entusiaste e conquistando il Republic of Consciousness Prize e il James Tait Black Memorial Prize.

I mangiatori di loto
La storia è quella di Mathilda, una giovane ragazza nera queer, appassionata di arte, letteratura, moda, che fatica a vivere in un’era storica – la nostra – che non la rappresenta. Attraverso diari, lettere e fotografie scopre i Bright Young Things, un gruppo di bohémien decadenti e disobbedienti che negli anni Venti e Trenta organizzavano feste raffinate e dionisiache. Inventando un cocktail di edonismo, androginia e amore queer, questo gruppo – insieme alle loro controparti del Bloomsbury Group – aveva iniziato a decostruire il patriarcato un secolo fa e sembra offrire a Mathilda una via di fuga dal presente, con tutte le sue barriere sociali e razziali.
Quando però Mathilda troverà una foto che ritrae un’artista di colore presente, quasi di nascosto, a una di queste feste, inizierà un’indagine per rispondere alla domanda che la ossessiona da sempre: che ne è stato di tutta l’arte nera dei secoli passati? Di tutti gli artisti, poeti, pensatori neri di cui la storia ha voluto cancellare ogni traccia, ma che invece sono esistiti? Per scoprirlo, dovrà entrare nei meandri di una prestigiosa accademia e – superando ogni legge spaziotemporale – connettersi direttamente a loro.
«Ciascun distacco mi avvicinava alla mia transizione, ciascun atto di fuga mi attirava verso la fonte sconosciuta di un dolore provato per la prima volta anni prima – un dolore che un giorno mi fece contorcere sul balcone di ringhiera nera di una torre grigia, teli bianchi appesi per riservatezza, un cielo verde rame che sembrava riflettersi altrove. Da qualche parte in Arcadia; forse in un giardino con persone affascinanti. […] L’idea era che sottraendosi agli elementi non essenziali della propria vita, qualunque essi fossero, ci si potesse avvicinare all’essenziale: una sublime sottrazione dal sé. Così passammo anni insieme decostruendoci in privato».
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