Quella che segue è una recensione dettagliata del terzo episodio dell’ultima stagione di Game of Thrones, intitolato Battle of Winterfell.
Contiene SPOILER, quindi ti consiglio come sempre di leggere solo dopo aver visto la puntata. Sappi tuttavia che se ancora non lo hai fatto difficilmente potremo essere amici.
Scrivere di questo episodio a caldo è per forza di cose complicato: l’ho atteso con un’ansia fuori scala, con aspettative altissime, e mentre vi sto scrivendo non ho ancora ben chiaro se mi sia piaciuto o no. In qualsiasi modo la si pensi, ridurre questa ora e mezza di televisione ad un giudizio secco bello/brutto sarebbe ingiusto, quindi forse la cosa migliore è scindere i diversi piani di lettura e provare ad analizzarli uno per volta. Cercando quindi di dare un giudizio se possibile completo e, spero, sufficientemente argomentato.
Il primo piano di lettura è per forza di cose quello di pancia, emotivo, e valuta il livello di coinvolgimento a cui l’episodio porta lo spettatore. Da questo punto di vista direi che non c’è nulla da eccepire. Lo strepitoso lavoro fatto con la puntata precedente si completa in questa, portando lo spettatore dentro una situazione che inizia come di estremo pericolo e sfocia ben presto in assenza di speranze. Chi guarda, di conseguenza, viene guidato per mano dalla fase in cui si chiede “chissà come ne escono” a quella del “no, vabbeh, non ne escono”, in modo molto fluido e naturale. Sospensione dell’incredulitá al suo massimo, perché razionalmente sai che ci saranno altri tre episodi, altre questioni da risolvere, eppure ad un certo punto non sei più sicuro di nulla e Dany che cade lottando spada in pugno al fianco di Jorah inizia a sembrarti una chiusura assolutamente possibile dell’arco narrativo del personaggio di Emilia Clarke. La risoluzione della crisi con il colpo di Arya quindi compare letteralmente come un fulmine a ciel sereno: non la vedi arrivare, non te la aspetti e ti fa cascare la mandibola. Prima di esultare, ovviamente.
Quando penso a situazioni in cui salto in piedi gridando ed agitando i pugni mi viene inevitabile fare un parallelismo calcistico. Certamente ognuno avrà il proprio, il mio è il gol di Seedorf nel derby del 3-2: partita difficilissima, lo vedi che vuole tirare da casa sua, pensi: “che c***o stai facend…” e prima di finire la frase stai abbracciando chi ti sta affianco per quel colpo di classe senza tempo che dal nulla ha vinto la partita. Se analizziamo quindi l’episodio da un punto di vista delle emozioni che ha saputo creare nello spettatore, difficile non dare un bel 10 e lode.
Il secondo piano di lettura per l’episodio deve essere quello tecnico, però. L’episodio più caro di sempre, la battaglia più grossa di sempre: diciamo che dall’ufficio marketing della HBO ce l’hanno caricata molto, questa aspettativa, e a conti fatti forse The Battle of Winterfell da questo punto di vista mostra non pochi limiti. La sfida finale col Night King non poteva essere a mezzogiorno, pare ovvio, ma ambientare tutto lo scontro nel buio di una notte nerissima in piena tempesta di neve ha limitato non poco la resa scenica di quanto stava succedendo sullo schermo. Posso accettare di veder cadere l’intera armata dothraki praticamente off screen, posso anche farmi andare bene (meno volentieri) il non riuscire a distinguere cosa succeda dentro le mura nella parte finale dell’assedio, ma sono otto anni che aspetto di vedere i draghi combattere come si deve e quella parte me la devi consegnare chiara, nitida e comprensibile. Niente scuse.
Invece per larghi tratti non si capisce che drago stia volando sullo schermo, chi stia mordendo chi nella zuffa aerea con il drago zombie, addirittura che fine abbia fatto il drago cavalcato da Jon. Non proprio l’espressione massima di qualità che ci saremmo aspettati, certamente non quanto ci avevano promesso. E’ un mezzo autogol, pensandoci. Il pubblico si è affezionato allo show quando ancora mostrare le battaglie era semplicemente fuori discussione, proprio per ragioni di budget. E’ chiaro che con l’andare verso il finale le aspettative si siano alzate, ma non credo la delusione sarebbe stata così marcata se non ci avessero caricati così tanto. Ora mancano tre episodi, la speranza è che il budget sia stato utilizzato meglio in quello che ancora dobbiamo vedere, anche se non vedo grandi opportunità di farne sfoggio. Restando al qui ed ora, difficile sotto questo aspetto dare all’episodio un voto sufficiente.
Ultimo parametro di analisi, forse il più soggettivo: quello razionale. In sostanza quello che penso dell’episodio dopo i titoli di coda, una volta ripresa la normale respirazione e iniziato ad ascoltare tutte le mille vocine interiori che cercano di unire i puntini e definire se sono davvero soddisfatto di quel che ho visto. Forse è qui che casca l’asino, perchè temo la risposta per me sia no.
Più ci penso (e, fidatevi, ci sto pensando parecchio) più l’impressione è che HBO abbia scritto questo episodio con il freno a mano tirato. Prendiamo l’idea dei morti che escono dalle tombe nelle cripte Stark. La settimana scorsa, ipotizzando potesse succedere, ero abbastanza fomentato: zombie che spuntano nella retroguardia indifesa, grandissimo colpo di scena. Come si è risolta all’atto pratico? Un paio di scheletri innocui, una bellissima sequenza di sguardi tra Tyrion e Sansa, e nulla più. Non era obbligatorio giocarsi quella carta, se scegli di farlo è giusto andare fino in fondo e fare in modo porti a delle conseguenze. Gestita come l’abbiamo vista è davvero buttata via. Stesso discorso per le sorti di tutti i personaggi principali: un intero episodio per farci venire a patti con la loro possibile dipartita, li schieri tutti in prima linea nello scontro, e poi non ne fai cadere mezzo? Jeime, Brienne, Verme Grigio, Tormund, Podrik, Gendry, Davos, persino Sam per quel che ne sappiamo: tutti sopravvissuti. Non sono mai stato tra coloro che giudicano GoT “bello perchè muoiono i protagonisti”, il Trono funziona perchè usa le morti illustri per dare credibilità, veridicità e se vogliamo cinismo alla narrazione. Per continuare su questa linea, mi spiace, ma Lyanna Mormont è un po’ pochino (per quanto in casa mia si sia presa una doverosa standing ovation). Beric cade difendendo Arya, Jorah difendendo Dany, Theon difendendo Bran. Tutti in situazioni difficili, tutte morti ricche di pathos ed epica narrativa, ma forse era legittimo osare di più. Lo scontro finale, lo spauracchio che ci portiamo dal cold opening dell’episiodio pilota, meritava un po’ più di rispetto da parte di chi lo ha scritto. Ha avuto più pelo sullo stomaco J. K. Rowling raccontando la battaglia finale di una saga a tutti gli effetti per bambini.
E badate bene che non sto discutendo la scelta di far risolvere tutto ad Arya. Non mi interessa stare a parlare di quanto “fesso” possa essere stato il Night King nella situazione, di quanto sia o meno credibile questo epilogo per la battaglia. Davvero, non è il mio sport verificare il realismo in uno show di zombie, draghi e spade fiammeggianti. Credo anzi sia stata una buona mossa Kansas City, quella nel finale. Inattesa, tutto sommato coerente alla narrazione, di sicura efficacia. Il problema è che per arrivarci ci siamo dovuti scontrare con dei giganteschi plot hole che sul momento abbiamo ignorato per via della tensione, ma che alla fine non possono non mostrarci il conto. Parlo ad esempio del ritorno di Melisandre e della chiusura del suo ciclo narrativo: se c’è un senso in quel che ho visto, davvero, mi sfugge ed un personaggio come quello non meritava di essere chiuso così.
Quindi sì, sono un deluso della Battle of Winterfell. Shame on me!
Peggio ancora, ho perso fiducia nei prossimi episodi perchè un’occasione mancata a questo punto della storia suona davvero di beffa. Una sorta di punto di non ritorno per la mia personale fiducia in un finale coerente con l’opera. Ora non mi resta che aspettare lunedì e vedere se sapranno stupirmi di nuovo, come già successo in passato, e riportarmi sul carro dei fiduciosi.
Chiudo con la solita parentesi speculativa.
In questi giorni sentirete parlare della profezia di Arya e degli occhi che è destinata a chiudere: castani (Frey), azzurri (Night King) e verdi (Cercei).
Non voglio davvero pensare che lo stesso personaggio possa chiudere il conto con entrambi i villain rimasti in gioco, quindi se me lo chiedete per me è NO. Io però sbaglio spesso, forse ve ne sarete già accorti anche voi…
*se stai pensando che il calcio non sia adatto (o sufficientemente nobile) come riferimento in una recensione di GoT mi dispiace. Per te.