L’estate è la stagione ideale per i rewatch: non esce tantissima roba nuova e c’è un po’ di tempo a disposizione da dedicare a vecchie passioni che ci siamo lasciati alle spalle ormai diverso tempo fa.
Dopo la chiusura del Trono di Spade avevo detto che per me sarebbe stato il momento ideale per riprendere in mano qualche vecchio show e, visto l’amaro in bocca che proprio GoT mi aveva lasciato, la decisione è caduta su Breaking Bad. La mia è stata una sorta di verifica, il tentativo di rispondere all’annosa domanda: “E’ vero che una serie che appassiona così tanto non può mai finire senza un briciolo di delusione da parte dei fan?”
La risposta, cari amici, è NO.
Riguardare tutta la saga di Walter White mi ha infatti permesso di prestare ancora più attenzione a dettagli che durante la prima visione mi erano sfuggiti, senza però che venissero meno il coinvolgimento e l’adrenalina che la serie sa trasmettere a chi guarda. Vivere ancora oggi la stessa tensione di allora, pur sapendo cosa sta per succedere, credo sia indice della maestria con cui Vince Gilligan ha scritto tutto il suo materiale e della perfezione con cui poi è stato riportato sullo schermo. La verità è che Breaking Bad non ha una sbavatura: tutto collima perfettamente e tutto, alla fine, ha perfettamente senso. Non è matematico debba piacere, i gusti sono sempre soggettivi, ma è un ingranaggio perfetto a cui credo tutti gli show runner dovrebbero tendere in termini di scrittura.
Pur rifiutandomi di pensare che qualcuno possa non aver mai visto Breaking Bad nel 2019, di seguito vi porto cinque motivi cinque per cui se non lo avete ancora fatto dovreste piantare lì qualunque cosa vi occupi il tempo libero e recuperare queste cinque stagioni. Pronti?
Via!
MOTIVO 1: I PERSONAGGI
Breaking Bad racconta la storia di un insegnante di chimica che si ammala di cancro e decide di sintetizzare droga per sfruttare il poco che gli resta da vivere facendo abbastanza soldi da garantire un futuro decoroso a moglie e figli. Non è uno spoiler, è la premessa su cui si fonda lo show e che viene presentata nei primi venti minuti dell’episodio pilota.
A questo protagonista vengono via via affiancati una serie di altri personaggi che servono certamente a far progredire la narrazione, ma la cui caratterizzazione è sempre ultra dettagliata e ricca di sfaccettature che magari non sono propriamente funzionali alla storia principale, ma che rendono il mondo tremendamente vivo e credibile, tridimensionale. Quando si parla di Breaking Bad è facile citare Gus Frings, forse il cattivo meglio scritto che mi sia capitato di incontrare in una serie TV, ma il mio personaggio preferito credo sia Hank, il cognato del protagonista che lavora nella DIA (once again: no spoiler, è un’altra info che arriva subito). Un tizio che sulle prime sembra non avere altro ruolo che fare da pseudo spalla comica e che via via invece procede in un percorso di crescita non solo in termini di rilevanza nello show, ma proprio di approfondimento psicologico, tra le paure relative al suo lavoro, le sue intuizioni investigative, le disavventure a cui deve in qualche modo far fronte, fin proprio al suo rapporto con il protagonista.
Non sono solo i personaggi ad alto screen-time ad avere un certo spessore però, dopo aver visto tutto la stagioni ci si ritrova a conoscere alcune comparse meglio di quanto si conoscano personaggi ben più importanti presenti in altri show. Soprattutto, nessun personaggio è messo in gioco unicamente per far funzionare una linea narrativa o per esercitare un ruolo di alleggerimento del tono: hanno tutti qualcosa da dire e una storia da raccontare, cosa che rende il quadro generale molto più reale e immersivo.
MOTIVO 2: L’ESTETICA
Breaking Bad e Better Call Saul, il suo spin-off attualmente in onda su AMC, hanno definito una cifra stilistica unica e immediatamente riconoscibile, fatta di scelte di fotografia e palette di colori che ti portano immediatamente dentro la vicenda.
Riguardare tutto da capo mi ha aiutato ancora di più ad apprezzare questa estetica, soffermandomi via via sui dettagli e sulla cura con cui ogni singola inquadratura è stata composta, oltre ad alcune scelte di regia decisamente innovative per l’epoca.
Io non sono un esperto di cinema, manco per niente, però è impossibile guardare questa serie senza rendersi conto delle differenze estetiche rispetto a tantissimi degli altri prodotti con cui ci troviamo a passare il tempo. Magari non è necessariamente meglio delle altre (a me piace di più, ma di nuovo, sono gusti), ma certamente si distingue.
MOTIVO 3: LA TENSIONE
Breaking Bad è una serie che per molti parte piano. Io stesso, la prima volta, feci fatica a farmi prendere perchè per descrivere quello che è un gigantesco climax di cattiveria è necessario accelerare via via, in modo costante, e quindi partire da un punto in cui tutto succede più lentamente. All’inizio uccidere una persona è uno scoglio enorme, invalicabile, attorno al quale girano montagne di riflessioni. Queste incidono sul ritmo della narrazione, ovviamente, ma sono il viatico attraverso cui si può comprendere quanto sia cambiato un personaggio che alla fine invece uccide senza quasi prestare attenzione a quel che fa.
Quello che però è efficace nella prima stagione come nell’ultima è la costruzione dei momenti di tensione, pochi o tanti che siano. Quando la situazione precipita il ritmo diventa incredibile e la tensione che ne scaturisce inchioda letteralmente allo schermo.
Non dimentichiamo che Breaking Bad nasce e vive nell’epoca precedente al binge watching. Un episodio a settimana, tredici episodi a stagione. La maestria di Gilligan è stata anche sfruttare questo metodo di fruizione al meglio, restituendo alla parola cliffhanger il suo pieno significato.
Vi sfido a guardarla oggi aspettando sette giorni tra un episodio ed il successivo, o addirittura un anno.
MOTIVO 4: IL FINALE.
Niente spoiler, promesso.
Però vi posso dire che Breaking Bad non ha un solo finale, ne ha tre. Ognuno di questi non solo è perfettamente in linea con tutta la storia, non solo combacia perfettamente con tutto quello che ci è stato mostrato fino a quel momento, ma può venire ribaltato senza che la coerenza interna alla trama ne risenta, anzi, arricchendo tutto con nuovi livelli e aspettative.
Il primo finale arriva quando mancano 5 minuti circa alla fine di To’hajiilee, il 13° episodio della quinta stagione. Se in quel punto spegnete tutto avete probabilmente il finale che molti si sarebbero aspettati. A me non sarebbe comunque dispiaciuto, perchè un finale non è bello solamente se sorprende, però sarebbe stato indubbiamente più debole del secondo finale: Ozymandias, episodio 14 della quinta stagione. Un pugno nello stomaco in piena regola, con ogni probabilità i cinquanta minuti di televisione più eclatanti di cui io abbia memoria. Un episodio per cui non mi sento di definire il termine “capolavoro” usato impropriamente. Anche in questo caso, sarebbe possibile non guardare i due episodi successivi ed avere comunque una conclusione perfetta, epocale e maestosa nel suo essere completamente black.
Per il terzo finale, quello ufficiale, servono invece altri due episodi che in qualche modo portano l’ago della bilancia al centro tra il primo ed il secondo finale di cui vi ho detto. Per molti Felina, l’episodio conclusivo, non vale Ozymandias ed in generale non posso non essere d’accordo, ma comprendo la volontà di chiudere in modo meno netto e brutale.
In ogni caso, la sequenza finale sulle note di Baby Blue per me è tra le sequenze conclusive più suggestive ed emozionanti di sempre, ai livelli di quella di Fight Club per citare la mia preferita ogni epoca. Un paragone che non mi vedrete fare altre volte, credo. (Se volete vederla, la trovate qui: SPOILER)
MOTIVO 5: C’E’ ALTRO OLTRE BREAKING BAD
Come accennavo prima, da Breaking Bad è nato uno prequel dedicato a Saul Goodman che merita di essere visto. Il tono è molto diverso, il genere se vogliamo anche, ma lo stile unico dello show originale è ben trasposto anche in questo suo figlioccio, così come la cura dei dettagli in termini di estetica e personaggi. Diciamo che Gilligan dopo averci consegnato la sua idea di crime story, ora ci delizia con la sua reinterpretazione del classico genere legal tutto avvocati e tribunali. Alcuni dicono che addirittura BCS abbia superato, in termini di qualità, Breaking Bad. Ne ero convinto anche io, prima di questo rewatch, ora però ho qualche dubbio in più. Di certo l’attesa per la nuova stagione che uscirà credo in autunno è molto più alta oggi, anche in virtù del fatto che ormai le due trame sono prossime a sovrapporsi, rendendo il quadro finalmente completo.
Non bastasse, è stato annunciato un film di prossima uscita, il cui titolo provvisorio è Greenbrier, che dovrebbe raccontarci la storia dell’unico personaggio rimasto con un finale aperto dopo la conclusione di Breaking Bad.
Alla fine avremo quindi per le mani una saga monumentale ed iper dettagliata che, se saprà tenere il livello di quanto visto fino a qui, è destinata a restare nella storia.
Io, personalmente, non vedo l’ora.
MOTIVO BONUS: C’E’ TUTTO SU NETFLIX
Ai tempi della sua prima messa in onda Breaking Bad era accessibile “in diretta” solo tramite acrobazie su internet tra torrent e servizi streaming illegali. Me lo ha detto un amico, ovviamente.
Oggi invece sia BrBa che BCS sono tutte su Netflix, una piattaforma a cui credo possa ormai accedere chiunque. Oltretutto, rispetto a quando fu inserita in catalogo, oggi Breaking Bad è disponibile anche per il download e quindi per essere vista offline mentre si è in metropolitana o in spiaggia.
Non avete più scuse, quindi: fatevi un favore e recuperatela.
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