Impossibile non conoscere Lara Croft. Vuoi per la serie videoludica (opzione auspicabile), vuoi per la saga cinematografica, sia con Angelina Jolie sia con Alicia Vikander, l’archeologa è uno dei personaggi più noti dell’intero universo dei videogiochi e lo è da decenni. Nel corso di questo vasto lasso di tempo l’icona di Tomb Raider ha subito evoluzioni, cambiamenti, miglioramenti ma anche passi indietro, smarrendo una via inizialmente chiara e definitiva. È innegabile che forse il cambio più epocale in questo senso è stato quello del 2013, quando Square Enix ha dato vita a un reboot completo della saga, presentando al mondo una nuova Lara, più vera, più umana e da cui è stato anche tratto un film, di cui abbiamo già avuto modo di parlare.
Dopo il lavoro svolto da Crystal Dynamics con i primi due capitoli di questa nuova trilogia, il testimone è passato nelle mani di Eidos Montreal, a cui è spettato il compito di tirare le fila per questa nuova Lara. Scopriamo insieme come è andata.
Bentoranta Lara
Shadow of the Tomb Raider è la conclusione di questo primo percorso per la nostra archeologa che, come giusto che sia, è ben diversa da quanto visto nel 2013 e con Rise of the Tomb Raider. Se nel primo capitolo era infatti smarrita, travolta dall’avventura e dai fatti attorno a lei, spaventata dalla morte e poco avvezza al dover sopravvivere a tutti i costi, ecco che in questo titolo abbiamo a che fare con una ragazza decisamente più consapevole e in grado di capire e percepire le proprie potenzialità e abilità. Questa presa di coscienza viene però applicata a una persona ancora giovane, a cui manca la naturale esperienza della vita e degli anni, ed ecco come queste caratteristiche si trasformino in breve tempo in superbia, arroganza e in un’insensato senso di onnipotenza, tipico di una rockstar. Proprio per questo motivo Lara compie un’azione particolare nei preamboli del gioco: decide di impossessarsi di un pugnale che senza “la parte mancante” innesta una serie di catastrofi naturali che andranno a culminare con l’apocalisse Maya. Ed è così che l’archeologa si ritrova improvvisamente sulla coscienza una serie di vittime innocenti, “colpevoli” di essere presenti nel luogo sbagliato e nel momento sbagliato. L’avventura di Shadow of the Tomb Raider vede quindi Lara dover convivere con questo peso, cercando una redenzione personale e non solo. Il titolo del gioco esplica in maniera perfetta questa sensazione, mostrando quel lato oscuro e nascosto che il “ruolo” del cacciatore di fortune ti porta ad avere.
Passati i primi istanti in Messico, il gioco ci porta in Perù dove inizia il vero viaggio di questo capitolo, all’interno del quale si alternano fasi di esplorazioni e combattimento, che analizzeremo in seguito.
Prima di iniziare la propria avventura ci verrà chiesto il livello di difficoltà con cui vogliamo affrontare Shadow of the Tomb Raider. La cosa interessante in questo senso è che oltre ai classici livelli avremo la possibilità di selezionare l’approccio di alcune sottocategorie, quali combattimento, esplorazione ed enigmi. Scegliendo per ognuna un grado di “facile, normale e difficile” ci sarà possibile plasmare il nostro gioco e il nostro gameplay, in base a ciò che preferiamo affrontare o, più semplicemente, in base a cosa ci riesce meglio rispetto ad altro. Fatte queste doverose scelte, si parte alla volta del Sud America dove piano piano riscopriamo il gameplay di questa trilogia, introdotto con il reboot e che prosegue sulla stessa falsa, accentuandolo in alcuni casi, se possibile. Le fasi platform hanno subito un’evoluzione ulteriore e affrontare le componenti puzzle è un vero e proprio divertimento; queste si sono sviluppate maggiormente in verticale sfruttando tutte le abilità dell’archeologa: dall’arco, alla doppia piccozza per passare attraverso al novità del rampino (con quel doveroso senso di Déjà-vu di Unchartediana memoria). Oltre alla fasi platform, i ragazzi di Eidos Montreal si sono concentrati molto anche sulle componenti legate al combattimento ed è qui che si possono vedere pregi e difetti di questo capitolo.
Il tesoro dell’ombra
L’anima di Shadow of the Tomb Raider è senza dubbio stealth e proprio in questo senso l’ambientazione è una vera e propria protagonista del gioco. Lara sarà abilissima nello sparire tra la rigogliosa vegetazione (al punto stesso che nemmeno il giocatore sarà in grado di vederla) oppure potrà “truccarsi” con fango e terra per diventare invisibile anche in alcune postazioni mantenendo la posizione verticale. In questo modo l’approccio da ninja è più vario e stratificato ma attenzione: un movimento delle foglie potrebbe attirare l’attenzione dei membri della Trinità che staranno all’erta nei confronti di ogni rumore e suono. In tal senso perché non poter sfruttare questo fatto? Ed ecco che possiamo usare oggetti per creare diversivi oppure utilizzare trappole, anche velenose, in grado di mettere i nostri avversari l’uno contro l’altro. Se scegliete un approccio stealth, personalmente consigliato, potrete sfruttare anche la nuova abilità di Lara: la giovane Croft sarà in grado infatti di arrampicarsi sugli alberi ed eseguire un attacco furtivo dall’alto, finendo con l’appendere ai rami i nemici. Fin qui tutto bene, anche perché i soldati della Trinità, sempre in base al livello di difficoltà scelto, sceglieranno di muoversi in solitaria durante le fasi stealth, offrendovi, uno per volta, la giusta occasione per un’uccisione silenziosa. Al vostro primo errore ecco che però la situazione cambia, radicalmente. Il campo diventa ben presto un poligono di tiro dove voi sarete l’unico bersaglio: le forze a noi ostiche si uniranno in maniera consistente inseguendoci in gruppo e scagliandoci contro ogni cosa possibile tra fiumi di proiettili e bombe. Che fare quindi? In realtà basta ben poco perché una volta impugnata la nostra arma da fuoco sarà tutto sommato facile liberarsi di ogni ostacolo. Questo oltre a essere un parziale sintomo di un bilanciamento non del tutto eccezionale, è la prova forse che la software house abbia voluto premiare maggiormente la componente slealth a discapito di quella prettamente aggressiva.
Nel cuore della giungla
Anche il comparto tecnico presenta forte oscillazioni e contrasti. Da un lato prettamente visivo il lavoro svolto da Eidos Montreal lascia senza parole e risulta impeccabile. La vegetazione peruviana è stata realizzata in maniera impeccabile: rispetto al passato si è scelto di premiare la quantità e qualità rispetto alla vastità e la scelta sembra avere pagato. Flora e fauna sono vibranti e vivi come non mai: a queste si aggiunge anche un sonoro studiato nei minimi dettagli, con cinguettii e versi degli animali riprodotti fedelmente. Osservare i paesaggi e le ambientazioni del Perù sono un vero tripudio per gli occhi e dicasi lo stesso per le ambientazioni subacque dove la differenza tra acque limpide e stagnanti si rivela anche nei loro abitanti. Insomma, nulla è stato lasciato al caso e intentato da questo punto di vista e senza ombra di dubbio è un punto che gioca a favore di Shadow of the Tomb Raider. Esplorare queste ambientazioni è un aspetto che non dovrebbe essere tralasciato perché la componente esplorativa e survival non può e non deve essere trascurata. Oltre all’aspetto puramente ludico, che non va sottovalutato, raccogliere risorse permette di potenziare componenti e accumulare punti esperienza che sfociano in punti abilità, da spendere in tre differenti sezioni: Guerriera, Esploratrice e Saccheggiatrice. Il giusto bilanciamento e la natura stessa del gioco e della trama portano a dosare tutte e tre le aree con la stessa forza, senza voler per forza prevalere in un campo specifico.
Come detto però non sono tutte rose e fiori ma qua e là appaiono alcune mancanze che inevitabile vi porteranno a storcere un po’ il naso. La prima riguarda il doppiaggio, talvolta fuori posto e decisamente fastidioso da vedere e sentire. Di pare passo il caricamento del gioco in alcune fasi funziona a rilento, con glitch e cali di frame evidenti. È capitato anche, durante l’avventura, che il gioco si bloccasse per qualche istante con una schermata che ci invitasse ad attendere il caricamento dello streaming, certamente non il massimo.
A noi
Complessivamente Shadow of the Tomb Raider è un titolo più che discreto che saprà tenervi compagnia per circa una dozzina di ore anche se molto dipenderà dalla vostra voglia di andare dritti per dritti verso la meta oppure se decidere di perdervi nel mondo creato da Crystal Dynamics. In questo caso, comprese le nove tombe a disposizione (come nel capitolo precedente), le ore di gioco salgono in maniera considerevole e tra tesori, documenti e artefatti da scoprire e analizzare, avrete tantissime cose da fare nella giungla peruviana. Va detto poi che terminata la campagna, la cui direzione e svolgimento sanno catturare senza troppi punti morti e privi di mordente, potrete tornare a esplorare oppure affrontare nuovamente il gioco nella modalità New Game Plus, con un livello di difficoltà portato verso l’alto.
Summary
Shadow of the Tomb Raider porta a conclusione un percorso iniziato nel 2013 e che ora porta a compimenti la crescita di Lara Croft. Tra fasi platform e di combattimento, il gioco tradisce un’anima prettamente slealtà che riesce a segnare, più che la fine di una trilogia, un nuovo punto di partenza per l’archeologa più conosciuta di tutto il mondo.
- Gameplay8.5/108.5/10
- Longevità8.3/108.3/10
- Comparto tecnico7.7/107.7/10
- Trama8.7/108.7/10
- Colonna sonora8.5/108.5/10
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